Come si misura la velocità di un aereo

La misurazione della velocità degli aerei, avviene grazie ad uno strumento chiamato anemometro.

Essenzialmente si potrebbe affermare che questo strumento è nato per rispondere ad una domanda: “a che velocità stiamo volando”?

Sotto questo punto di vista lo si potrebbe benissimo comparare ad un tachimetro di una macchina…

Niente di più, niente di meno.


Tuttavia, il tachimetro di una macchina si avvale della rotazione delle ruote per misurare la velocità mentre noi, con l’ aereo, non possiamo sfruttare lo stesso principio in quanto una volta in volo, presto o tardi, le ruote smetteranno di ruotare.


Come si misura la velocità di un aereo
La velocità di un aereo viene calcolata in maniera differente rispetto ad una macchina


Come si misura la velocità di un aereo


Una soluzione alternativa doveva essere quindi utilizzata e, a tal proposito, si è pensato di utilizzare la pressione esercitata dall’aria come fonte di misurazione;

Se provassimo a mettere una mano fuori dal finestrino mentre viaggiamo con un auto ci renderemmo subito conto che: più la macchina aumenta la propria velocità, più la mano verrà spinta indietro. Potremmo quindi definire che all’aumentare della velocità la pressione che l’aria esercita sulla nostra mano diventa maggiore e, in base a questo approccio, determinare una relazione tra pressione creata dalle molecole d’aria e velocità.


aria sulla mano fuori dal finestrino
Pressione esercitata sulla mano

Ovviamente questa descrizione è estremamente semplicistica ma cercheremo di analizzare tutti i fattori in gioco in maniera comprensibile ed efficace.

La macchina si muove ancorata al terreno e durante il suo viaggio investe l’aria, ferma, davanti a sé. Questo è percepito dalla nostra mano come un vento. In realtà, come già accennato, l’aria è ferma, immobile, siamo noi che ci stiamo muovendo.

Più ci muoviamo veloci e più particelle d’aria investiamo. Più particelle d’aria investiamo e maggiore pressione verrà percepita dalla nostra mano.


In base a questo principio si è pensato di creare uno strumento (anemometro) in grado di misurare proprio questo: la pressione esercitata dalle particelle d’aria sul nostro velivolo.

Prima di procedere oltre è utile soffermarsi sulle pressioni in gioco e spiegare come agiscono e da cosa sono composte.


La pressione Statica e la pressione dinamica


Le pressioni sono delle forze che agiscono su una determinata superficie. La stessa pressione atmosferica non è altro che una colonna d’aria il cui peso viene avvertito sulla superficie terrestre e quindi su di noi…

Sì, l’aria ha un suo peso e fortunatamente pesa poco, molto poco!

La pressione atmosferica viene anche chiamata pressione statica perché agisce in tutte le direzioni, in ogni istante e non è determinata da un movimento.

La pressione che invece è frutto del movimento di un corpo è chiamata pressione dinamica. La somma delle pressioni sopra elencate determina la pressione totale, o anche detta d’impatto.

Ecco, quello che la nostra mano percepisce fuori dal finestrino è la pressione d’impatto.

Tuttavia misurare la sola pressione totale non ci dà alcuna informazione su quanta pressione derivi dal moto del velivolo e quanta dalla pressione atmosferica “che cambia inesorabilmente”.

Detto in parole povere: ci serve determinare il valore della pressione dinamica che, come detto, varia proporzionalmente con la velocità e può darci quella indicazione che può essere definita velocità.

Facendo una semplice sottrazione potremmo pensare di diminuire la pressione totale dell’esatta quantità della pressione esercitata dalla colonna di aria sopra di noi e trovare, finalmente, la nostra pressione dinamica.

E faremmo bene, troveremmo la nostra risposta…

Ora però la domanda è un’altra: come facciamo fare questa sottrazione allo strumento?

All’interno dell’anemometro, la cui costruzione vedremo in seguito, convergono entrambe le pressioni di cui abbiamo parlato poc’anzi: la pressione totale e la pressione statica.

Queste due pressioni vengono rilevate dal tubo di Pitot.


Il tubo di pitot



La cosiddetta pressione d’impatto viene rilevata attraverso un foro applicato nel tubo di pitot che è posizionato parallelamente all’asse longitudinale del velivolo in modo da riceve tutta l’aria derivante dal moto e all’interno del quale confluiscono sia le particelle d’aria, in conseguenza dell’accelerazione, sia le particelle forzate all’interno del tubo dalla pressione atmosferica che, ricordiamolo, agisce in tutte le direzioni e in ogni momento.


tubo di pitot
Tubo di Pitot

Analogamente, la sola pressione statica viene misurata attraverso dei fori, situati sullo stesso tubo o in separata sede, posizionati perpendicolarmente alla direzione di moto in modo da non ricevere, per quanto possibile, parte della pressione derivante dal moto stesso.


La capsula aneroide


Queste due pressioni, attraverso dei tubi, convergono nello strumento: la presa totale verrà convogliata all’interno di un diaframma, libero di espandersi e contrarsi, che a sua volta è posto all’interno di una capsula aneroide “a tenuta stagna” all’interno del quale viene convogliata la pressione statica.

Questi due compartimenti, all’interno del quale troviamo pressioni diverse, sono destinati a dover interagire tra di loro.

Il come interagiscono può essere spiegato attraverso l’uso di un semplice palloncino.

Per gonfiare il palloncino solitamente si fa un po’ di fatica. La fatica è dovuta al fatto che la pressione atmosferica esercita una pressione sulle pareti elastiche del palloncino, impedendoci di gonfiarlo.

Aumentando la forza con la quale soffiamo, ad un certo punto, vinceremo questa pressione e il palloncino inizierà ad espandersi. Il fatto che il palloncino ora sia gonfio non esclude che la pressione atmosferica sia cambiata o addirittura assente.

Al contrario, è sempre presente e ostacola in ogni momento l’ulteriore espansione del palloncino.

All’interno del palloncino, in egual modo, si è venuta a creare una pressione che contrasta quell’esterna e ne impedisce la contrazione.

Questa battaglia di pressioni continuerà fino a quando le pressioni non si stabilizzeranno. permarranno in questo equilibrio fino a che le stesse pressioni in gioco non cambieranno.

Se ora portassimo il nostro palloncino in montagna, ad un altitudine maggiore, dove la colonna di aria che ci sovrasta pesa meno,  vedremmo che la diminuzione della pressione atmosferica darà modo alla pressione all’interno del palloncino, rimasta invariata, di avere la meglio e di contrarsi ulteriormente fino a stabilire un nuovo equilibrio.


variazione pressione atmosferica

All’interno dell’anemometro avviene la stessa identica cosa: a parità di pressione statica, un aumento della pressione totale, dovuta ad un’accelerazione, porterà all’espansione del diaframma e viceversa.

Consideriamo per un attimo di essere pronti per la corsa al decollo, in assenza totale di vento.

All’interno della capsula troveremo la pressione statica, che rimarrà costante fino a che le ruote si staccheranno da terra.

Anche all’esterno del diaframma, nella capsula, ritroviamo la sola pressione statica in quanto il nostro movimento è nullo insieme alla pressione dinamica derivante dallo stesso.

Ci ritroviamo in una situazione di stabilità in cui le pressioni, all’esterno del diaframma, ossia nella capsula, e all’interno del diaframma stesso, sono uguali. Nessuna espansione o contrazione ne deriverà.

Accelerando, sempre più particelle entreranno nel tubo di pitot esercitando una pressione dinamica sempre maggiore e andando a far aumentare il valore della pressione totale all’interno del diaframma che, incontrando la sempre uguale pressione statica, inizierà ad espandersi.


anemometro
Anemometro

L’entità dell’espansione dipende dalla sola pressione dinamica. Essendo la pressione totale la somma della statica e dinamica, e avendo lo stesso valore di pressione statica in entrambi i compartimenti ne consegue che la differenza di pressione, responsabile dell’espansione, è attribuibile alla sola variazione della pressione dinamica.

L’indicazione sul nostro anemometro, analogico, ossia di vecchia concezione, viene ricavata attraverso dei meccanismi che convertono l’espansione lineare del diaframma in un movimento rotatorio, come potrebbe essere quello della lancetta del nostro orologio. Lo strumento è tarato in modo che, ad una determinata espansione/contrazione ne consegua un valore specifico sullo strumento o, per meglio dire, ad un determinato movimento del diaframma ne consegua un preimpostato movimento rotatorio della lancetta.

Essendo lo strumento calibrato in condizioni standard al livello del mare, le indicazioni che riceveremo in quota non potranno essere considerate corrette.



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